
Ci sono piccoli gesti destinati a diventare grandi e a cambiare per sempre la storia di un popolo. Per quello ebraico che viveva sull’attuale territorio italiano, questi gesti hanno nomi altisonanti, in latino: Caeca et obdurata (25 febbraio 1593) e Hebraerorum gens (26 febbraio 1569). Si tratta di due encicliche, emanate rispettivamente da Papa Clemente VIII e Papa Pio V, entrambe con l’obiettivo di espellere gli ebrei dallo Stato Pontificio. Rappresenta, dopo la ghettizzazione, una nuova decisione razziale, che portò a una forte migrazione all’interno della nostra penisola. Molte persone trovarono rifugio in Toscana e scelsero come casa un borgo destinato a divenire la piccola Gerusalemme d’Italia e che, ancora oggi, presenta dei tratti peculiari legati a questa vicenda.
Con le “cacciate” papaline del 1569, gli ebrei trovarono rifugio a Pitigliano e contribuirono a trasformare questo borgo in un luogo di dialogo, incontro e pacifica convivenza tra culture e religioni apparentemente in conflitto. Una lezione, vecchia quasi 500 anni, che forse sarebbe utile anche oggi. Al 1598 risale la Sinagoga, situata al centro, in Via Zuccarelli, cuore pulsante della comunità ebraica del borgo e ancora visitabile come parte integrante del Museo Ebraico di Pitigliano.

[foto @Simona Bottone / Shutterstock.com, solo per uso editoriale]
Il complesso degli edifici si compone, inoltre, del ghetto, del cimitero ebraico, del forno delle azzime, della cantina e della Macelleria kosher. Il ghetto di Pitigliano è il quartiere dove gli ebrei trovarono rifugio dopo l’espulsione dallo Stato Pontificio; nacque per consentire alla comunità di continuare a svolgere le tipiche attività quotidiane e la vita sociale. Il cimitero (lungo la strada tra Manciano e Pitigliano) sorse perché la Chiesa vietava la realizzazione di cimiteri misti.
Il forno delle azzime, un bellissimo forno a tumulo attivo fino al 1939 e composto da due stanze, viene usato solo una volta all’anno, in occasione della Pasqua ebraica (Pesach), per cuocere il tipico pane azzimo. Anche la cantina rappresentava un luogo importantissimo, poiché il vino consumato dagli ebrei doveva avere caratteristiche particolari, che oggi ritroviamo nel rosso (Sangiovese) e nel bianco (Trebbiano Toscano e Malvasia), prodotti alla vecchia maniera. La macelleria Kosher, invece, era il luogo di lavorazione delle carni consentite dalla religione ebraica (mucca, vitello, agnello e capra).
Ma Pitigliano presenta anche altri siti di notevole interesse culturale. Tra tutti, spiccano: la fontana delle Sette Cannelle, costruita nel 1545 per volontà della Famiglia Orsini, e la Necropoli, risalente all’epoca etrusca. Passeggiando nel paese si può visitare anche la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, ammirare il Palazzo Orsini (già Aldobrandeschi) e scorgere i panorami sulla valle circostante, ricca di siti termali e aree di interesse archeologico.

Un percorso scavato tra le rocce, a tratti strettissimo, impervio e difficile ma bellissimo: le Vie Cave di Pitigliano sono state ricavate nel tufo, come una sorta di canyon artificiale. Gli Etruschi le realizzarono per motivi che gli storici contemporanei non hanno ancora chiarito del tutto. Forse si trattava di un sistema difensivo o di un luogo per ospitare le sepolture o per canalizzare le acque. Quarantamila tonnellate di roccia scavate e portate via, per creare un ambiente che non ha eguali in Italia. L’esempio forse più simile alle Vie Cave sono le Grotte Cave di Rocca di Papa, nei Castelli Romani, utilizzate come rifugio bellico.

Giornalista pubblicista e giurista, con la passione per il teatro e il trekking. Col mio lavoro mi impegno a esplorare e analizzare a fondo e in maniera trasversale le dinamiche sociali e intellettuali della nostra epoca, per una comunicazione efficace e coinvolgente, che consenta a tutti di avere libero accesso anche alle notizie più tecniche e complesse.
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