Per molti di noi la vista delle cascate è un vero toccasana per gli occhi e per l’anima, eppure non sono dei posti che si raggiungono facilmente in poco tempo. Ci vuole pazienza, organizzazione, spesso bisogna raggiungere le zone di montagna di Alpi e Appennini e dunque mettere in conto anche degli spostamenti non indifferenti. Non proprio qualcosa che si farebbe in un paio d’ore, insomma. Fortunatamente, però, esiste un luogo alle porte della città che, anche un po’ a sorpresa, risponde all’esigenza di ammirare una meraviglia naturale ma senza dover prendersi le ferie dal lavoro. Ed è una location che è stata riscoperta solo di recente: pensate che era il 2002, poco più di venti anni fa, quando passò sotto la tutela del FAI – Fondo Ambiente Italiano che ne prese la gestione dall’Agenzia del Demanio, quindi dallo Stato, con l’obiettivo di farla tornare a risplendere. E oggi è uno di quei posti che ti fa venir voglia di partire, anzi, di prendere la moto (o la macchina) e di fare una strada breve, per una meta davvero intensa.
Era il 1832, e ancora non esisteva l’Italia unita. Al nord si iniziava a delineare il sempre maggiore controllo dei Savoia su quello che sarebbe divenuto il Regno d’Italia, sul centro dominava in larga parte lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana, il mezzogiorno era appannaggio dei Borbone. Proprio nelle terre controllata dalla Chiesa regnava, a quel tempo, papa Gregorio XVI, il bellunese Bartolomeo Alberto Cappellari, proveniente da una famiglia di notai della borghesia veneta. Al pontefice, che governò per circa 15 anni, si devono tanti progetti e iniziative culturali, come la fondazione di musei, la riabilitazione delle tesi di Galileo Galilei e lo studio, poi portato avanti da papa Pio IX, per l’apertura delle prime ferrovie in Italia. Fu proprio il pontefice bellunese, poi, a decidere che il fiume Aniene, che attraversa ancora oggi Tivoli e Roma e sfocia nel Tevere, dovesse essere controllato per evitare le frequenti alluvioni costruendo un canale artificiale e una enorme cascata, che ancora oggi, proprio come duecento anni fa, supera un salto di 120 metri, tra le più alte artificiali in Italia insieme alla cascata delle Marmore in Umbria. E la villa? Ci arriviamo.
Di fatto, Villa Gregoriana non esiste. O meglio, con il nome che identifica una delle più belle attrazioni della città alle porte della Capitale si racchiudono la Grande Cascata, la cosiddetta Valle dell’Inferno e l’acropoli. Il nome “villa” deriverebbe però da una abitazione realmente esistita, la villa di Manlio Vopisco del II secolo, i cui ruderi vennero ripristinati e resi visibili assecondando un gusto neoclassico molto in voga nel corso dell’Ottocento. Non è questa l’unica area archeologica del sito tiburtino: nel parco ci sono anche due templi risalenti al I secolo a.C., il tempio di Tiburno e quello di Sibilla, quest’ultimo che domina il salto della cascata e che, già dai tempi del Grand Tour nel XVIII secolo, era amatissimo dai viaggiatori stranieri che visitavano l’Italia. La realizzazione della cascata, alta circa 130 metri, permise di salvaguardare la zona dalle numerose (e disastrose) alluvioni e diede un nuovo impulso alla rinascita di questo luogo, che da allora conobbe una certa fama e che, dal 2005, è aperto al pubblico e visitabile.
Villa Gregoriana è aperta al pubblico grazie al lavoro del FAI che, di anno in anno, salvaguardia un patrimonio di storia e natura unico nel suo genere. Mentre gli iscritti al Fondo Ambiente Italiano possono accedervi gratuitamente, per tutti gli altri il costo della visita è di 10 euro (6 euro per studenti under 25, 3 euro per gli under 18), e il biglietto è prenotabile sul sito fondoambiente.it, dove sono anche riportati gli orari di ingresso, che cambiano a seconda della stagionalità. Ci vuole circa un’ora per arrivare alla villa dal centro di Roma: si può percorrere la A24 fino al casello di Tivoli e poi percorrere la SS5 fino al centro cittadino o, in alternativa, SS5 fino a Settecamini e poi SP28b/SP27b per risparmiare un po’ di tempo (e traffico).
Se la Villa Gregoriana è una meraviglia che spinge alla gita fuori porta, Tivoli non è certo priva di altri luoghi iconici da accompagnare a questa visita. Come le altre ville d’autore, Villa Adriana e Villa d’Este, rispettivamente di origine romana e rinascimentale. Ciascuna di esse conserva degli stilemi specifici, dai ninfei alle tante fontane con giochi d’acqua, ed è immersa in un contesto naturalistico che, sin dalle epoche più antiche, era un fenomenale richiamo per le famiglie nobili che “fuggivano” dal caos dell’Urbe. Di stile barocco è la cattedrale di San Lorenzo, il principale edificio di culto della diocesi tiburtina, costruita nell’XI secolo ma dallo stile barocco, che ospita anche un gruppo scultoreo della Deposizione che risale alla prima parte del ‘200. Molto bella infine Rocca Pia, fortezza del XV secolo che deve il nome a Papa Pio II, lo stesso responsabile della ricostruzione rinascimentale di Pienza, in Val d’Orcia.
Giornalista, appassionato di viaggi e tecnologia, ho iniziato a occuparmi di TrueRiders sin dalla sua fondazione nel 2015. Mi piace raccontare il modo attraverso numeri e curiosità, perché ogni viaggio è un'esperienza da raccontare e condividere
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