Inutile quanto fascino possieda un borgo fantasma, per di più se letteralmente immerso nel cuore dell’Aspromonte. Non molliamo la Calabria infatti, che ci ha già regalato grandi emozioni non molti giorni fa, e restiamo per esplorare un po’ più a fondo la sua parte interna e, in particolar modo, il paese di Roghudi Vecchio o, per meglio dire, il borgo fantasma e ciò che ne rimane. Vi immergerete in un silenzio surreale, in cui le uniche a parlare saranno le case e i resti di quello che fu un popolo piccolo ma operoso, cacciato dalla propria terra da colei contro cui nulla si può: la natura. Qui, difatti, scoprirete come l’uomo riesca, con estrema fatica, a strappare porzioni di territorio a Madre Natura ma come questa, prima o dopo, torni sempre in possesso di ciò che è atavicamente suo. Tutto questo, e molto altro, rappresenterà il viaggio a Roghudi Vecchio.
Oggi, come si suol dire, pochi chilometri ma di qualità. Il borgo fantasma di Roghudi Vecchio, infatti, merita una approfondita esplorazione; quindi, il tragitto non sarà lunghissimo ma vi prometto che sarà entusiasmante. Partenza sempre dal portone principale sud della Calabria, Villa San Giovanni. Per il primo tratto di strada vi godrete uno dei litorali più affascinanti del nostro paese, a cavallo fra due mari, il Tirreno e lo Jonio. Questo grazie alla SS 18 Tirrena inferiore che, da Reggio Calabria in avanti, diventa la SS 106 Jonica. Non fatevi distrarre da tutto quel blu perché a Melito di Porto Salvo dovrete mettere la prua verso nord e iniziare la scalata dell’Aspromonte.
Qui le curve si fanno sempre più serrate e il sorriso appare, come per magia, sul volto di tutti i biker. Come in un crescendo rossiniano, le variazioni destra-sinistra si fanno sempre più ravvicinate fino alla meta, che si palesa come un soldato in attesa, immobile sul proprio posto di combattimento.
Lasciatevi rapire dal borgo fantasma di Roghudi Vecchio
Arrivati a Roghudi Vecchio vi accorgerete subito di quanto questi sia il borgo fantasma tipo: girando nei vicoli, entrando (facendo molta attenzione) all’interno delle abitazioni, vi renderete conto di come tutto sia stato abbandonato in fretta e furia, facendo sì che il tempo si cristallizzasse a quel momento del 1971. Era il 16 febbraio e dopo due giorni di piogge incessanti, dove cadde la quantità di acqua che normalmente cadeva in una settimana, il Sindaco si trovò costretto a firmare un’ordinanza che imponeva lo sgombero di tutte le famiglie del paese. Solo qualche irriducibile decise di ignorarla ma due anni dopo, nel 1973, la furia della natura si presentò ancora più violenta, decretando la fine del rapporto fra l’uomo e Roghudi Vecchio. Da allora le sue case riposano silenti sul costone che, faticosamente, avevano occupato per diversi secoli, già dalla prima metà dell’XI secolo.
Il tempo qui si è fermato al 1971
Esplorate i suoi vicoli; chiudete gli occhi e godetevi l’assoluto silenzio del luogo, interrotto solo dai suoni generati dal vento che si intrufola fra le abitazioni, unico abitante rimasto di questo luogo dimenticato dall’uomo. Entrando nelle case troverete ancora indumenti appesi e scarpe che attendono invano qualcuno che le indossi per uscire. Tutto lascia intendere che la fuga fu precipitosa: la paura doveva certo essere tanta, spingendo i roghudesi a lasciare tutto quel poco che possedevano per aver certamente salva la vita. Un’altra volta volta che un evento tragico oggi ci permette di godere di uno spettacolo terribile ma, al tempo stesso, affascinante e irripetibile.
Il paese era letteralmente circondato dall’abisso
Si narra che un tempo gli abitanti usassero appuntare dei grossi chiodi alle pareti esterne delle case e qui legassero i bambini con una corda fissata alla caviglia; questa pratica, ai nostri occhi decisamente incivile, si rese necessaria per ridurre gli incidenti mortali occorsi ai più piccoli della comunità, spesso vittime dei numerosi dirupi che circondavano il paese. Qualcuno è pronto a giurare che nelle notti senza luna, trovandosi a passare da Roghudi Vecchio, ha potuto distintamente sentire le urla strazianti dei bambini inghiottiti dal vuoto.
Credit foto:
Roghudi Vecchio – CalabriaGreca
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Garfagnino DOC e Sardo di adozione, sono uno storico dell’arte (da qualche anno) e biker sin dalla più tenera giovinezza. Ho iniziato a collaborare con TrueRiders nel 2023 per mettermi in gioco nel campo della scrittura e ho voluto cominciare scrivendo di qualcosa che amo particolarmente: la moto e tutto ciò che le ruota attorno.
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