Imponente e dalla fama che travalica i secoli, il Monte Nerone rappresenta da sempre un punto di riferimento per i marchigiani. Non solo è la vetta più alta di questo tratto degli Appennini, ma il suo tratto inconfondibile, la bellezza dei paesaggi che regala, la possibilità di goderne tra sentieri, attività sportive ed escursioni ne hanno fatto negli ultimi anni una nuova meta turistica di rilievo, dedicata ai locals ma non solo. Del resto, le Marche si aprono sempre più alla diversificazione del turismo, grazie a un territorio particolarmente eterogeneo dove, nel giro di poche decine di chilometri, si passa dalle montagne innevate d’inverno alle floride spiagge estive della Riviera delle Palme. E proprio in questo contesto scenografico, ricco di sorprese, dove si respirano i ritmi della Transumanza e si gustano piatti a base di cinghiale, due borghi hanno deciso di fare squadra per raccontare al meglio tutte le bellezze che hanno da proporre. Andiamo a scoprirli insieme!
Sì, forse bisognerebbe prima concedersi una bella passeggiata prima di mettersi a tavola, ma in fondo i viaggi più belli sono quelli che nascono con spontaneità, dove i programmi si cambiano e dove anche il menù del giorno è una curiosità da vivere. Le vere protagoniste di questi luoghi sono ricette dal forte potere saziante, ricche di gusto e soprattutto imperniate in una secolare tradizione che è quella del mondo contadino e degli allevatori. Come la polenta, che viene servita proprio come un tempo su grandi taglieri di legno, arricchita da sughi di carne, con funghi o formaggi, dopo una lunga preparazione nei paioli che coinvolge i polentari. Del resto, esiste anche una DE.CO., Denominazione Comunale, per la gustosa polenta alla carbonara fatta con sugo e tanto pecorino, un piatto decisamente insuperabile nelle fredde giornate d’inverno. Nel cuore delle Marche, ai piedi del Monte Nerone, c’è però spazio anche per il tartufo bianco pregiato, che in questa regione è forse persino più presente che in Piemonte: gli si dedicano mostre mercato, si utilizza per ricette tra le più disparate, lo si trova in vendita e in esposizione in negozi e ristoranti che ne fanno un vero e proprio vanto. Esattamente come il bostrengo, un dolce con ingredienti di recupero oppure la coradella d’agnello, specialità presente peraltro anche nella cucina romana. E come annaffiare il tutto? Vino, direte voi. No, perché questi sono anche i luoghi della birra artigianale, con birrifici che si avvalgono della purissima acqua di sorgente del Nerone per dare vita a bionde di qualità eccelsa. Ecco, forse a stomaco pieno si inizia a ragionare meglio.
Apecchio e Piobbico, come dicevamo, si sono “consociati” in un unico progetto turistico, che esalta le similitudini e proietta a un pubblico sempre più ampio le rispettive ricchezze da mettere a disposizione del turista. Sì, ma che tipo di viaggiatore arriva da queste parti? Uno che ama la natura, l’arte, la storia e il buon mangiare. Del resto, il patrimonio di cose da fare e vedere è particolarmente ampio. A Piobbico il centro storico lascia trasparire antiche origini, passando per i luoghi sacri con affreschi e opere di origine rinascimentale (da vedere le chiese di San Pietro, Sant’Antonio e Santo Stefano), fino ad arrivare al Castello Brancaleoni, al cui interno un importante Museo Speleologico ospita una collezione di ben 5000 reperti fossili. La vicina Apecchio, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, è invece la terra dei nobili Ubaldini, che hanno lasciato importanti testimonianze, tra cui Palazzo Ubaldini, oggi dedicato alla collezione del Museo dei Fossili e Minerali recuperati dagli scavi effettuati sul Monte Nerone. Bellissima la Pieve di San Martino, il Teatro Comunale Giuseppe Perugini (uno degli oltre 100 teatri storici delle Marche, vera primatista italiana del campo), ma l’attrazione imperdibile è il piccolo vicolo all’interno del fu Ghetto ebraico, la cui larghezza arriva, in alcuni punti, a 37 centimetri. E a proposito di cose buffe, lo sapevate che a Piobbico c’è l’unica associazione mondiale dedicata… ai brutti? La World Association of the Ugly People, ovvero il Club dei Brutti, è nato qui nel 1879 con l’obiettivo di trovare marito alle zitelle del paese, che altrimenti sarebbero rimaste per tutta la vita a carico delle (povere) famiglie d’origine. Oggi è un’associazione che, con leggerezza e filosofia, affronta il tema estetico non come una imposizione ma come qualcosa da prendere con leggerezza, addirittura eleggendo il “Re dei Brutti” e assegnando il premo “No-Bel”. Che dire, una risata ci seppellirà!
Partendo da uno di questi due comuni, è possibile ovviamente dirigersi verso il Monte Nerone, patrimonio comune di Apecchio e Piobbico e protagonista di tante gite nel verde in ogni momento dell’anno. Da Apecchio si può raggiungere la cascata della Gorgaccia, una piccola oasi di silenzio, passando per il Viale di Velluto (sentiero CAI 238A); da Piobbico si arriva verso le “balze” della Penna e Forata, dei veri e propri canyon scavati dall’azione erosiva del vento e dell’acqua, dove non è raro trovare arrampicatori intenti ad affrontare queste sublimi pareti di roccia. E perché non concedersi una passeggiata lungo il fiume Candigliano, che passa proprio per Piobbico e arriva alla gola del Furlo, altro luogo sorprendente delle Marche. Se poi volete scoprire al meglio il Monte Nerone e tutto quello che ha da offrire, il progetto Monte Nerone Experience, nato dalla sinergia tra Apecchio e Piobbico, è il punto di riferimento ideale.
Lineare ma non per questo degno di nota, il percorso che ci porta ad Apecchio e Piobbico prende il via da Città di Castello, uno degli ultimi avamposti dell’Umbria prima del doppio confine con Toscana e Marche. Da qui, muoviamo in direzione nord-est, prendendo la SR257 (SP257 dopo il confine) che passa per il valico di Bocca Serriola. Apecchio dista 27 chilometri da Città di Castello, e dopo esserci goduti la prima sosta intermedia, proseguiamo sempre sulla SP257 per 10 chilometri, fino all’arrivo a Piobbico. Altro giro, altra pausa, altra ripartenza. Approfittiamo ancora una volta della Provinciale 257 e, in 16 chilometri, arriviamo infine ad Acqualagna, una delle “capitali italiane” del tartufo.
Giornalista, appassionato di viaggi e tecnologia, ho iniziato a occuparmi di TrueRiders sin dalla sua fondazione nel 2015. Mi piace raccontare il modo attraverso numeri e curiosità, perché ogni viaggio è un'esperienza da raccontare e condividere
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