Penultima tappa del Giringiro 2015 di Andrea&Sonia, che dalla Basilicata tornano chilometro dopo chilometro in direzione nord, attraversando la Campania, il Molise e l’Abruzzo per fermarsi a Scanno, ultimo pernottamento prima del rientro a Jesi. E i luoghi interessanti per le due ruote non mancano!
Esuliamo dal racconto on the road, dal viaggio in moto, dalle dritte agli appassionati, dalle sferzate all’indeciso cronico (“l’ha fatto lui, posso farlo anch’io”). Abbiamo sentimenti e ricordi, brutti e belli, da dividere e condividere. Per qualche giorno la priorità diventa la famiglia, la sosta con le radici, della famiglia. Ci sta, appieno. Unica eccezione in topic, zampata rapida e vicina in terra di Basilicata. La nonna paterna è in provincia di Potenza, ultimo (lento) slancio in Royal di dovere e piacere.
Una settimana fa attraversavamo la frontiera elvetica. Riapprezzo la manovrabilità senza bagaglio; è un’esperienza piacevole quanto fugace che mi assaporo poco, i pochi chilometri per uscire dal centro urbano hanno un traffico sui generis che mi fa drizzare le orecchie dentro il casco jet. La pallostrada è alternativa da cui non posso sfuggire, ma è un peso leggero: il lembo di SA-RC da percorrere è breve fino al raccordo per il Potentino, il traffico scema pian piano fino a svanire praticamente del tutto.
Come ogni volta ho affrontato lo stesso tragitto in auto, del resto. Le (pre)Dolomiti Lucane cominciano ad affacciarsi, dopo Buccino la strada a scorrimento veloce si alza e scorre ardita fra viadotti mastodontici ed imprese di ingegneria civile imponenti. Ma proprio questi viadotti animano un po’ troppo il breve viaggio, più del dovuto: c’è una serie di lavori che coinvolge l’intero tratto, per chilometri e chilometri ad ogni ponte ci sono scambi di carreggiata, restringimenti, saliscendi e repentine microdeviazioni fra rampe d’uscita e di ingresso che abbassano ulteriormente la media e costringono a correzioni di guida al limite della gimkana.
Passiamo piccoli piccoli all’ombra del borgo fantasma di Romagnano al Monte, gatto di roccia abbarbicato su uno spuntone di roccia anch’esso al limite d’uno strapiombo; di solito si riescono anche a vedere i falchetti volare, da queste parti, ma purtroppo ho poco da bighellonare e cazzeggiare per via dell’estrema dinamicità del nuovo tragitto (provare per credere). Pochi chilometri ed esco, Picerno. Raggiungo il paese dalla strada “vecchia”, un ponticello largo un’auto o poco più mi dà il benvenuto all’ultima ascesa, risalgo la collina sino a ridosso del centro storico. La moto deve rimanere in uno slargo terrazzato che funge da parcheggio, l’ultimo tratto ce lo facciamo a piedi, due intrusi in kevlar lungo le scalinate tra le casette in pietra dura.
Ventidue agosto, sabato; i bagagli sono pronti, rimpacchettato tutto. Borse rimontate, pieno fatto, catena ok, si riparte. Anche stavolta seppur trattandosi di rientro, l’itinerario è “spezzato”; potremmo far tutta una tirata, ma non vorrei che il ricominciare, una volta arrivati, possa pesare per la strapazzata per la passeggera, e soprattutto godersi gli ultimi chilometri al meglio (l’intenzione è quella) riuscirebbe a levare quell’aria triste di malinconia da tutti a casa e rompete le righe.
Pallostrada, sulla falsariga del viaggio di andata; traffico congestionato ma si scorre, il tempo (ancora) è ottimo, tra Salerno ed il Casertano non trovo neanche tutto quel vento che caratterizza il più delle volte quel tratto di itinerario. Rimane comunque la solita regola (sosta ogni 100 km o 1 ora), autogrill dalle parti di Santa Maria Capua Vetere. “Ho fame”, non abbiamo fatto una levataccia per partire, tutt’altro, e Sonia ha un languorino. Provo a farla resistere, aspettare, visto che pregusto quel che attraverseremo a breve, nulla da fare. I primi tristissimi Camogli di tutto il tragitto. Nel mentre, una Ktm parcheggiata a poca distanza; il tipo guarda interessato, non resiste e s’avvicina. Chiede, s’informa, racconta: è in ferie (presumibilmente al termine), s’è fatto la Costiera Amalfitana con moglie (ed auto, e bagagli al seguito ma rigorosamente distinti, per non aggravare peso e piacere di guida). Guarda e commenta linee, dettagli, bagagli, motore… si allontana ringraziando, credo sia uno dei tanti che come sempre si avvicina e chiede, vedendo una delle nostre belle (e che ve lo dico a fare… ).
Pochi minuti, e ritorna: fa parte di un club, tanta tanta varietà di moto al suo interno. Chiede di poter fare una foto; nessun problema, mi scosto di due passi. “No, vicino: con te, ci sta”; “sennò non ci credono”, ridiamo. Saluto, ripartiamo col classico dei sorrisi da dentro il il casco. Caianello, ciao ciao pallostrada (lo so, pochi chilometri ancora ed avrei Montecassino, da cui poter risalire con la Sora-Avezzano, ma ho un itinerario in mente che doveva essere quello da seguire per l’andata… e qualcosa devo comunque perdere: tanto, e tanto, e tanto ancora materiale ci sarebbe, impossibile incastrare tutto in un’unica soluzione).
Vairano Patenora, Sesto Campano. Mi tengo fortemente a distanza da Castrovilli&C., di tratturi ho fatto già una discreta scorpacciata. Il tratto per, e dopo, Cerro al Volturno (ricordi filatelici, la rocca che avrò visto migliaia di volte è riconoscibilissima mentre sfila alla nostra destra) è costellato di ristori su ristori: baracchini, locali, spiazzali dove si griglia di tutto (insaccati, verdure, funghi, formaggi) alla ricerca del panuozzo perfetto. Sonia mi punzecchia con due dita nel fianco, a mo’ di punizione, “dovevi farmi aspettare!”. Il cielo si copre mentre entriamo nel Parco Nazionale d’Abruzzo; siamo in parte paralleli al tragitto percorso ad inizio settimana, in senso inverso.
Barrea compare al cospetto del suo lago, accosto per visitare il paesino. Non c’è traccia di parcheggi per due ruote, m’affianco ad un ausiliare del traffico. “Eeeeh, ma lasciala anche lì…”, “non vorrei sprecare un posto auto – l’affluenza in zona è comunque alta – “, “ma pure lì, fuori dalle strisce…” (sarà una trappola?). Una coltre di nubi sempre più scure mi spinge a desistere, proseguo: il tempo non promette niente di nuovo, eppure le previsioni controllate non troppo tempo fa annunciavano tutt’altro. Raggiunta Opi (non c’era segnaletica in quest’ultimo tratto) chiarisce l’equivoco: sto risalendo l’altro versante, in direzione Passo del Diavolo. Dietrofront, una decina di chilometri, imbocco la SP479: a breve distanza sembra un altro mondo, protetto dai crinali che aprono la valle. Sole, sole, ancora sole. Le ultime curve del passo Godi e davanti a noi si apre lo spettacolo di Scanno, la perla d’Abruzzo! Sapori locali, sapori di montagna che sapranno farci espiare quel triste spuntino di mezzodì, con bancarelle e passeggiate nel borgo che allieteranno la nostra tappa odierna.
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