Costruito nel pieno della Prima guerra mondiale, quando l’intera zona era contesa tra l’Italia e il Regno austro-ungarico, questo breve percorso ha però tutte le carte in regola per essere il perfetto viatico di un viaggio assolutamente indimenticabile. Del resto, questo territorio è ormai da secoli – ancor prima della costruzione della strada moderna – un luogo di passaggio, e l’ormai centenario Passo San Boldo è riuscito a capitalizzare l’attenzione dei mototuristi grazie a quei mitici tornanti in galleria che sopperiscono a dei dati altrimenti normalissimi. Ma perché vale la pena arrivare fino alle porte delle Dolomiti per percorrerlo? Scopriamolo insieme.
Il percorso del Passo San Boldo è piuttosto semplice e, per certi versi, essenziale. Se si vuole ammirare la serie di tornanti e gallerie dal basso verso l’alto si parte da Cison di Valmarino, sul lato trevigiano, e si risale in direzione Campedei. Se lo si vuole percorrere ‘in discesa’, invece, dal bellunese si percorre la strada in direzione sud. Intorno al valico ci sono interessanti idee per allungare il viaggio. La zona del San Boldo si trova infatti molto vicina al Fiume Piave e al percorso tra Dolomiti e Mar Adriatico. Sono circa 60 i chilometri che distanziano la zona, poi, dal Cadore con i suoi angoli ad alta quota. A soli 20 chilometri di distanza, infine, è possibile visitare il Molinetto della Croda, luogo iconico della provincia trevigiana.
Prima di arrivare al valico, vale la pena fare una sosta all’Osteria La Muda. Si tratta di una antica dogana che, nel 1428, venne ceduta in gestione alle autorità del bellunese. Il locale divenne pochi anni dopo, nel 1470, un hospitia, ovvero un ricovero e albergo per i viandanti. Oltre mezzo millennio di storia che hanno fatto della Muda di San Boldo la più vecchia osteria del Veneto. Il menù che viene proposto è esclusivamente stagionale, fatto di prodotti e specialità locali, tra formaggi, gnocchi, salumi, zuppe, bigoli e casunziei (casoncelli).
Situato tra la Valmaremo e la Valbelluna, il Passo San Boldo si trova a metà strada tra Borgo Valbelluna e Cison di Valmarino. Ci troviamo al confine tra le province di Belluno e Treviso, nella parte più alta della regione. Qui, del resto, le strade d’autore non mancano di certo.
Se parliamo di record, però, quelli del Passo San Boldo non appartengono certo alle voci “altezza” e “pendenza”. Il valico è infatti situato a un’altezza di soli 700 metri, e il tratto più scenografico è lungo appena un chilometro. L’intera strada che congiunge Campedei e Tovena è invece lunga 9 chilometri, con la maggior parte di curve e tornanti che si trova proprio sul lato di Cison di Valmarino (Treviso). Ma allora, cos’è che rende speciale il Sant’Ubaldo, come veniva spesso chiamato questo passo in passato? È la sua costruzione, che permise – nei tragici anni della Prima guerra mondiale – di superare un difficile attraversamento delle Prealpi Vicentine. Una necessità per gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Austria-Ungheria, che qui lottavano durante la Grande Guerra. I lavori del ‘moderno’ Passo San Boldo furono iniziati dalle truppe italiane e guidati dall’ingegnere Giuseppe Carpenè. Poco dopo, però, la zona passò sotto il controllo austriaco e la strada fu completata in appena tre mesi dalle truppe di Vienna. La rapidità dei lavori fece sì che il Passo San Boldo fosse denominato anche “Strada dei Cento Giorni“.
Tacciono le armi, e il turismo oggi è un modo per scoprire la natura che ci circonda. Così, la zona di Passo San Boldo è divenuta meta molto speciale da esplorare in sella. Qui i riders possono godersi, in neanche mille metri, una successione armonica di curve e gallerie che il genio di inizio Novecento ha lasciato in eredità alle generazioni a venire. Decine e decine di metri di dislivello superate con un lavoro difficile e ardimentoso, quasi una muraglia incastonata tra le ali di roccia del Veneto: un’esperienza che racchiude in sé l’adagio di breve, ma intenso.
Prima di arrivare al valico, vale la pena fare una sosta all’Osteria La Muda. Si tratta di una antica dogana che, nel 1428, venne ceduta in gestione alle autorità del bellunese. Il locale divenne pochi anni dopo, nel 1470, un hospitia, ovvero un ricovero e albergo per i viandanti. Oltre mezzo millennio di storia che hanno fatto della Muda di San Boldo la più vecchia osteria del Veneto. Il menù che viene proposto è esclusivamente stagionale, fatto di prodotti e specialità locali, tra formaggi, gnocchi, salumi, zuppe, bigoli e casunziei (casoncelli).
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