Che fine ha fatto Gilera? Storia di un marchio storico delle 2 ruote

Che fine ha fatto Gilera? Storia di un marchio storico delle 2 ruote

Maria Grazia Spinelli  | 02 Ott 2023  | Tempo di lettura: 5 minuti

Nel mondo delle due ruote, pochi nomi suscitano tanta nostalgia e ammirazione quanto quello di Gilera. Fondata nel 1909 a Milano, l’azienda italiana ha costruito una reputazione di eccellenza nel settore delle motociclette. Tuttavia, negli ultimi decenni, il marchio sembra essere scomparso dalle strade e dalle conversazioni degli appassionati di moto. Che fine ha fatto Gilera? Scopriamo insieme la storia di questo marchio storico.

Nascita e ascesa di un marchio storico

La storia di Gilera ha inizio nel 1909, quando il fondatore dell’azienda, Giuseppe Gellera, iniziò la produzione di motociclette in una piccola bottega-officina di Milano in Corso XXII Marzo. Spostò poi la, la neonata azienda ad Arcore ed è proprio qui che vide la luce il primo modello a marchio Gilera, la VT 317.

Dopo la Prima guerra mondiale, Gilera iniziò a produrre delle 500cc con cui partecipare alle competizioni. Ci fu bisogno però aspettare gli anni 30 per vedere modelli iconici come la Quattro Bulloni 500 e la Otto Bulloni che presentavano le valvole in testa e non più laterali. Ma è nel 1936 che arrivò la svolta: nacque il progetto Rondine, una moto rivoluzionaria dotata di un quattro cilindri in linea da 500 cm³ dotato di compressore. Nel ’37 Piero Taruffi stabilì il record di 274,181 km/h e nel ’39 Dorino Serafini vi vinse il Campionato Europeo.

Gilera nelle competizioni

Bisognò aspettare il secondo dopoguerra per avere l’età d’oro di Gilera nelle competizioni. Dopo la messa in produzione della Saturno 500, la Casa lombarda presentò sia moto di piccola e media cilindrata, ma anche delle quattro cilindri 500cc che fecero faville nella relativa classe del Motomondiale. Sono ben sei i titoli che Gilera vinse nella classe regina, nel 1950 e nel 1952 con Umberto Masetti, nel 1953-1954-1955 con Geoff Duke e infine con Libero Liberati che nel ’57 vinse il titolo piloti e costruttori sia in 500cc che in 350cc. E fu proprio questo l’ultimo anno di competizioni, visti i costi crescenti, ma comunque questi anni riuscirono a cementare la reputazione del marchio lombardo come produttore di moto di successo.

La fine dell’epoca d’oro

Saltiamo al 1969, l’anno di svolta per Gilera, che venne acquisita dal Gruppo Piaggio. Venne mantenuto lo stabilimento ad Arcore, ma la Casa prese una volta più fuoristradistica, cercando di imporsi nel settore dominato da marchi storici come Fantic, Benelli e Milani. L’ingresso ufficiale avvenne con il modello 50 Trial 5V, guidabile senza patente già dai quattordicenni. Questa fu la sorella minore che aprì la strada alla Trial Codice, il cui successo risultò difficile da ripetere con altri modelli dello stesso segmento.

Un’altra rivoluzione vide i natali negli anni 80 grazie all’Ingegner Bossaglia: i bi-4, una nuova serie di motori a 4 tempi di derivazione automobilistica, monocilindirici e bialbero nelle cilindrate 350 e 500. Purtroppo, una malattia non permise a Bossaglia di vedere la messa in produzione delle sue opere, di cui si occuparono Bruno Grana e Alessandro Colombo, che misero il rivoluzionario motore sulla Dakota 350 del 1986, prima di utilizzarlo anche per le competizioni.

Rientrarono anche brevemente nel Motomondiale, nella classe 250, e chiusero il 1993 in controtendenza con un 10% in più di immatricolazioni, contro le altre Case che vedevano scendere sempre più i propri numeri. La percentuale, però, lasciò il tempo che trovava perché, mentre i concorrenti valutavano l’andamento di mercato su numeri molto importanti, Gilera faceva riferimento a soli poco più di 2000 pezzi venduti. Questo fu abbastanza per fare decidere a Piaggio la cessazione di ogni attività presso lo stabilimento di Arcore: nel 1992 Gilera smise di esistere come azienda.

Gilera oggi

Mentre Aprilia e Vespa sono il fiore all’occhiello di Piaggio, pochi sono i giovani che conoscono Gilera e il suo glorioso passato. Dal 1993 e per alcuni anni, Gilera non è stata altro che un reparto di Piaggio nello stabilimento di Pontedera. Abbandonati ricerca e sviluppo sul settore moto, la fu Casa si è concentrata su scooter compatibili con i mezzi già in produzione in Toscana, ad esempio il Gilera Runner. Fortunatamente, l’avvento degli anni 2000 ha permesso a Gilera di diventare un marchio del gruppo.  Potendo così riprendere le attività di sviluppo di nuovi progetti, nel 2003, venne presentata la DNA e vennero immessi nel mercato nuovi modelli da off road. Ma il core del nuovo marchio rimase comunque la produzione di scooter, anche di grande cilindrata. Questo fino al 2020, quando il Runner uscì definitivamente dal catalogo, portando di fatto alla chiusura di Gilera.

Ci fu anche un rientro nelle competizioni. Dopo le apparizioni degli anni ’90, Gilera si ripresentò nel Mondiale e nel 2001 Manuel Poggiali  vinse il Titolo della 125cc, quarantaquattro anni dopo Liberati. Nel 2001 corse con la Gilera 125GP, di fatto un’evoluzione della Derbi, mentre dal 2006 iniziò a competere anche nella 250cc, con moto Aprilia. E l’ultimo successo di questa storica Casa porta il nome di un pilota che avrà sempre un posto nel cuore degli italiani. Marco Simoncelli, Campione del Mondo 250cc nel 2008, ultimo pilota Gilera.

Conclusioni

Il suo glorioso passato è ancora celebrato dagli appassionati, in una romantica storia di successo e declino. Una volta uno dei nomi più rispettati e ammirati nell’industria motociclistica, Gilera ha perso man mano la sua posizione di rilievo nel settore. Tuttavia, il suo ricco patrimonio e la sua eredità di successi nelle corse rimangono vivi nella memoria degli appassionati di moto di tutto il mondo. Che il marchio Gilera possa o meno riconquistare la sua gloria passata, la sua storia rimarrà sempre un capitolo affascinante nella storia delle due ruote: “È un simbolo di eccellenza, una storia scandita da record mondiali e un poderoso esempio del motociclismo italiano”. 

 

Le foto contenute nell’articolo provengono dal sito www.gilera.com.  Tutti i diritti riservati 

Maria Grazia Spinelli
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