Icone a due ruote: queste 5 moto hanno scritto la storia italiana!

Icone a due ruote: queste 5 moto hanno scritto la storia italiana!

Leonardo Anchesi  | 17 Giu 2023  | Tempo di lettura: 6 minuti
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Il XX secolo ha visto passare delle vere e proprie icone a due ruote, protagoniste assolute della storia delle moto italiane. Perché per quanto tutte le moto abbiano il loro fascino, obiettivamente alcune hanno lascito una traccia indelebile al loro passaggio, rimanendo impresse a fuoco nelle menti di chi ha potuto ammirarle, se non addirittura guidarle. I marchi sono tanti e i modelli ancor di più; riuscire a fare una selezione onesta di quelle che hanno lasciato il segno non è un compito semplice. La scelta è ricaduta su cinque modelli che, per un motivo o per un altro, hanno lasciato traccia del loro passaggio, rimanendo nella mente e nel cuore degli Italiani. Chi per diffusione, chi per fama, chi per design ognuna delle moto di cui andrete a leggere fra poco rappresentano un vero e proprio mito del motociclismo italiano su strada.

Piaggio Vespa, il mito del made in Italy che ha catturato il mondo

La Piaggio puntò tutto sulla pubblicità per il  nuovo modello

«Una piccola vettura a due ruote» titolava la primissima campagna pubblicitaria di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata l’ambasciatrice del made in Italy in tutto il globo terracqueo. Ovviamente non può che trattarsi della Vespa, l’icona del motociclismo col Tricolore, meritevole di aver motorizzato gli Italiani nei tragici momenti della ricostruzione postbellica della seconda metà degli anni Quaranta. Era infatti il 1946 quando dalla sapiente penna di Corradino d’Ascanio nasceva il primissimo prototipo della madre di tutti gli scooter a scocca portante; il curioso nome sarebbe derivato, secondo la versione più accreditata, dall’esclamazione di Enrico Piaggio «sembra una vespa!», rapito dal ronzio del motore e dalla generosa carrozzeria.  Nel corso degli anni all’originale monocilindrico da 98cc e 3,2 cv, si sono susseguite innumerevoli varianti in termini di cilindrata e carrozzeria, tenendo sempre fede a quel progetto originario tanto caro all’Italia e al mondo intero.

Moto Guzzi Stornello: dalla strada alle competizioni

Lo Stornello Regolarità sbaragliò le rivali

Nato alla fine degli anni Cinquanta, in un momento di crisi del settore motociclistico, il Guzzi Stornello fu la proposta della casa di Mandello sul Lario nel segmento 125 4 tempi, già presidiato da grandi marchi come Gilera, Moto Morini e MV Augusta. Ma la Guzzi non era da meno e irruppe sul mercato nel 1960 con un tanto performante quanto economico motore 125 cc 4 tempi, monocilindrico con 2 valvole per cilindro, capace di erogare 7 cv e spingere la moto alla velocità, per i tempi notevole, di 100 km/h. Negli anni successivi la gamma venne incrementata con lo Stornello Sport e lo Stornello Regolarità, da ben 12 cv di potenza; questo specifico modello ottenne diversi successi nel campionato Regolarità, sino a quel momento dominato dalla Gilera.

Il 1967 fu l’anno della completa rivisitazione del modello, sia in termini di propulsori che di allestimenti. Allo Stornello Sport Italia si affiancò lo Sport America e lo Scrambler, dedicato all’off road. Dall’anno successivo il motore venne portato a 160cc di cilindrata e così rimase sino al 1974, anno di uscita di scena dello Stornello. Perché definirlo un’icona? Per il semplice motivo che in quegli anni o possedevi una Vespa oppure guidavi uno Stornello.

Moto Guzzi V7: due ruote in uniforme che hanno saputo ammaliare chiunque

SH712271044Nata in uniforme, si fece subito amare anche dai civili

La leggenda narra che il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, nel 1959, rimase estasiato alla vista delle Harley-Davidson della scorta presidenziale in occasione della visita del Presidente Eisenhower a Roma, tanto da manifestare il desiderio di voler acquistare 20 H-D per i propri Corazzieri, in sostituzione dei vecchi Guzzi Falcone. Tuttavia, la richiesta non andò più in porto per l’inopportunità di dotare lo storico corpo di una moto straniera, ma ormai il messaggio era arrivato alla lenta macchina statale. Giunse il 1963 e il Ministero dell’Interno pubblicò un bando per l’acquisto di motociclette per la Polizia di Stato veloci, robuste e in grado di percorrere 100mila km senza rotture o manutenzioni straordinarie. La Guzzi accolse di buon grado la sfida, progettando una moto con un propulsore bicilindrico a V di 90°, con i cilindri montati in posizione trasversale.

IS1192956170La V7 prima serie si fece apprezzare per la sua sobria eleganza

Il motore, di cilindrata 700 cc e capace di sviluppare 50 cv di potenza, era in realtà un precedente progetto dell’ingegner Giulio Cesare Carcano, ma mai utilizzato in ambito motociclistico. Era nata la Moto Guzzi V7, per anni moto temuta dai più nella sua veste in uniforme, amata da tutti nella sua variante civile. La moto divenne una vera a propria icona dell’Italia della fine degli Sessanta, grazie anche al restyling del 1967. In quell’anno, infatti, nacque la V7 Speciale, a cui seguirono la Sport e, poco dopo, la California, che con il motore portato a 750 cc contribuirono a rendere la V7 un’icona a tal punto che la Guzzi, nel 2007, ha deciso di riproporla a listino.

Dagli anni Settanta con furore: Laverda 750 SF

L’ultima serie della Laverda 750 venne dotata di freni a disco anteriori

Erano i meravigliosi anni Settanta: in Italia la discomusic faceva il suo ingresso nelle piste da ballo, per le strade la tensione era palpabile e la Laverda sfornava uno dei suoi più grandi successi, la 750 SF “Super Freni”, direttamente derivata dal modello S. Con un motore bicilindrico parallelo da 750 cc e freni a tamburo dotati di una ventola interna per il raffreddamento, la 750 SF conquistò subito il mercato, arrivando a essere la maximoto più venduta in Italia nell’anno 1972, sbaragliando la blasonata concorrenza di Guzzi e Honda. Basterebbe questo per darle la medaglia di “icona”, se non fosse che il grande merito della Laverda 750 SF fu anche quella di diffondere il mito delle cafè racer in Italia, tipologia di moto che divenne poi celebre negli anni a seguire.

Ducati 916, nata con 30 anni di anticipo

La linea dell 916 fece invecchiare tutto il resto

Una moto che improvvisamente, alla sua presentazione in quell’ottobre del 1993, fece di colpo sembrare vecchio tutto ciò che era attorno a lei: la Ducati 916 non venne solo presentata, rappresentò un vero e proprio tsunami nel mercato delle super sportive. Spinta dal classico bicilindrico a 90° nato in casa Ducati, adeguatamente migliorato e potenziato, furono più che altro le linee della 916 a sconvolgere i più. Nata dalla sapiente matita di Massimo Tamburini, la moto sembrava letteralmente disegnata la vento; in un momento in cui le supersportive sfoggiavano ancora grossi fanaloni sgraziati, la 916 illuminava la strada davanti a se con due fendenti di luce che scaturivano come per magia dalle sottili aperture nel cupolino; persino il disegno del cerchio posteriore, a tre razze, era progettato per restituire una sensazione di moto perpetuo.

Anche il design del cerchione restituiva una sensazione di continua velocità

Il resto del design era semplicemente arte pura applicata a una moto, tanto che la 916 potrebbe essere nata oggi senza sfigurare davanti alle sue rivali. Le prestazioni e la ciclistica non erano da meno della linea: 114 cv per 198 kg di peso, permettevano di coprire i 400 m da fermo in 10,7 secondi; la ciclistica era caratterizzata da soluzioni all’avanguardia che, abbinate al telaio in tubo a traliccio in acciaio, garantivano una stabilità unica nonostante le elevate prestazioni. Se non è un’icona questa.

Credit foto:
Piaggio Vespa
Moto Guzzi Stornello (Wikipedia)
Laverda 750 (Wikipedia)
Ducati 916 (Wikipedia)

 

Leonardo Anchesi
Leonardo Anchesi

Garfagnino DOC e Sardo di adozione, sono uno storico dell’arte (da qualche anno) e biker sin dalla più tenera giovinezza. Ho iniziato a collaborare con TrueRiders nel 2023 per mettermi in gioco nel campo della scrittura e ho voluto cominciare scrivendo di qualcosa che amo particolarmente: la moto e tutto ciò che le ruota attorno.



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