La velocità, l’adrenalina, il carisma, i motori. Nella storia cinematografica mondiale spesso i protagonisti di pellicole storiche come quelli di “Easy Rider“, “Ghost Rider” o “Il Selvaggio” sono dovuti salire in sella per sfondare la quarta parete e catturare il pubblico. Il binomio uomo – moto è sempre stato una formula di sicuro impatto sul grande schermo, dove spettatori, appassionati e non, riescono ad immedesimarsi nella storia raccontata, coinvolti dalla grande adrenalina e dal fascino che solo un giovane Marlon Brando a bordo di una Triumph ThunderBird può avere. Se da convinti motociclisti (ma anche se guidate un motorino) aveste perso qualcuno dei film con una moto come co-protagonista, non vi preoccupate: noi di TrueRiders abbiamo pensato ad una raccolta di 5 masterpieces della filmografia a due ruote.
Easy Rider è il road movie per eccellenza. Dennis Hopper e Peter Fonda, a bordo dei loro chopper (XLS da 750 cc), attraversano un’America nel pieno del cambiamento. Il film simbolo della Nuova Hollywood si inserisce perfettamente nel contesto culturale occidentale scombussolato dalla brezza del ’68, dove controtendenza e voglia evasione infiammavano le giovani folle.
Malvestiti e stravaganti, i due ragazzi sono i protagonisti di un’avventura a tratti drammatica, immergendosi sempre di più nei ghettizzati contesti hippie del Sud degli Stati Uniti, in lotta aperta con l’America ancora bigotta e razzista. Paesaggi mozzafiato e lunghi viaggi cantando a squarciagola Born to be wild vi renderanno sempre più protagonisti di un’esperienza a momenti didascalica.
Wyatt e Bill, i protagonisti, dopo aver investito i guadagni di un trasporto di droga dal Messico agli Stati Uniti in due moto da strada, si dirigono dalla California a New Orleans, per vedere il Carnevale. Durante il loro road trip faranno degli incontri singolari che descriveranno accuratamente un contesto sociale americano nelle sue difficoltà e contraddizioni.
Amore, violenza, motociclisti, dramma: questi sono gli ingredienti che nel 1953 hanno prodotto una pellicola di spessore, un vero e proprio spartiacque nella cultura dei biker americani. Il film racconta una vicenda che vede protagonista il Black Rebel Motorcycle Club, un gruppo di motociclisti, dove un giovane Marlon Brando guida il gruppo nei panni di Johnny, il leader, a bordo della sua Triumph Thunderbird 6T. Il gruppo di ragazzi si intrufolerà in una gara, invadendo il circuito e importunando gli spettatori, per poi venire spostati in una cittadina lì vicino, dove creeranno scompiglio con una banda rivale e scopriranno i più profondi sentimenti dell’amore. Il Selvaggio fu una prima esperienza cinematografica di bikexploitation, ovvero una storia a dure ruote dissoluta e violenta.
All’epoca la critica internazionale non risparmiò la pellicola. Il British Board of Film Censors, in Gran Bretagna, bandirà addirittura il film, che verrà pubblicata solo nel 1967. La Triumph invece arrivò a protestare per il largo utilizzo delle loro moto nel film, usate come mezzo di locomozione per delinquenti e perdigiorno.
Il viaggio, la storia, la rivoluzione. Solo nel 2004 l’industria cinematografica metterà finalmente sul grande schermo l’avventura di uno dei personaggi indubbiamente più affascinanti della storia contemporanea del ventesimo secolo. Prima di essere il “Che“, Ernesto Guevara è stato un ragazzo, uno studente, un avventuriero. I “Diari della motocicletta” incide sulla pellicola il viaggio che lui e l’amico Alberto Granado hanno compiuto attraverso il Sud America in sella ad una Norton 500 M18 del 1939: La Poderosa.
Dalle Ande al deserto dell’Acatama, passando per l’Amazzonia, i due amici hanno modo di toccare con mano le gravi disparità sociali che dividevano l’America latina in categorie ben distinte e distinguibili: gli abbienti (di cui loro, studenti universitari, fanno parte) e gli sfruttati. Da qui comincia il loro viaggio introspettivo, culminato con la consapevolezza di aspirare ad un nuova America del Sud, più moderna ed equilibrata. Il vero protagonista del film diventa allora la consapevolezza. Questo film coinvolgerà a tutto tondo chi lo guarda, mettendo sul grande schermo un’avventura avvincente e riflessiva.
Un Anthony Hopkins, ormai non più giovanissimo, torna in sella per interpretare Burt Monro: un motociclista neozelandese classe 1899. La storia di Burt è una colonna portante della filmografia a due ruote, dopo una vita passata a tenere in condizioni perfette la sua sfavillante moto Indian del 1920, sceglie, ormai ultrasessantenne, di mettersi in viaggio verso le saline di Bonneville, nello Utah, affrontando una dopo l’altra numerose difficoltà.
Dopo un viaggio che metterà in luce i limiti del protagonista, lo spericolato anziano si spingerà ancor più oltre stabilendo il sorprendente record di velocità per la sua categoria (295,5 km/h), imbattuto ancora oggi, alla leggendaria Speed Week del 1967. Un personaggio estremamente carismatico, affascinante e determinato mette in scena un autentico spettacolo con l’obiettivo di ispirare migliaia di persone, e sottolineando come noi stessi possiamo essere il nostro limite più grande.
Una storia complessa, un nucleo familiare confuso, un rapporto fraterno da capire. Questo è il paradigma che Francis Ford Coppola cerca di descrivere nel suo film attraverso le gesta di “Rusty” James, un vivace sedicenne a capo di una piccola banda di ragazzacci.
Il ragazzo vive nel mito del fratello, “Motorcycle boy” anni prima leader di un gruppo di motociclisti, di nuovo associati a stereotipi negativi. È proprio il controverso rapporto con la moto fraterna che caratterizza il comportamento del giovane durante tutta la durata del film: Rusty rifiuta addirittura di salire in sella al mezzo che non gli appartiene, cercando sempre di mantenere viva la dinamica di devozione che li lega, anche grazie ad una latente ricerca dell’astratta approvazione del fratello, persino quando non è con lui. Rusty il selvaggio è un film diverso, cupo ed introspettivo, che analizza le ambiguità della società americana negli anni ’80 attraverso i suoi interpreti più giovani.
Laureato in scienze politiche e relazioni internazionali, attualmente studente universitario alla Sapienza. Inizio a scrivere per gioco, poi per passione ed ora (quasi) per professione. Collaboro con TrueRiders dal 2022
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