Una decisione attesa, ma che lascia molto scontento tra i riders. Dopo l’incidente che ha visto la morte di Carlin Dunne, l’organizzazione della Pikes Peak International Climb Hill ha deciso che dal 2020 le moto non saranno ammesse nel programma.
Il percorso, che sale fino a oltre 4.000 metri tra le montagne del Colorado è considerato tra i più appassionanti e allo stesso tempo pericolosi al mondo. Il pilota californiano, in sella alla Ducati Streetfighter V4, ha perso il controllo del mezzo cadendo rovinosamente sull’asfalto. Per lui, nonostante i soccorsi immediati, non c’è stato niente da fare. La 97esima edizione della corsa sul Pikes Peak assume così i contorni della tragedia.
Si tratta di una gara che, nonostante i migliorati standard di sicurezza (si svolge ora solo su asfalto, mentre in passato era tutta su sterrato), preoccupa e non poco. Durante il suo secolo di storia si sono registrati numerosi incidenti e ben sette morti. Nel corso degli anni del resto le moto sono state escluse dal programma principale per ben 56 volte, pur venendo riammesse di volta in volta.
Quella che in molti conoscono come Race of the Clouds (la Corsa delle nuvole) potrebbe però non dare lo stop definitivo alle moto. Tutto dipenderà, infatti, da come la riduzione dei mezzi in gara verrà accolta dal pubblico e dagli sponsor. Nel comunicato ufficiale diramato dopo l’incidente di Dunne si legge:
È necessario raccogliere dati per analizzare più in profondità l’impatto sull’evento dell’assenza del programma riservato alle moto
La decisione segue quella del 2015, quando fu impedita la partecipazione alle moto con semimanubri (che permettono una diversa gestione della posizione di guida), con l’obiettivo di migliorare la sicurezza della Pikes Peak. Del resto la strada asfaltata ha risolto solo uno dei problemi: con un tracciato più veloce aumenta la velocità e i rischi alla guida, soprattutto in corrispondenza delle curve.
Sarebbe proprio la velocità, insieme a un tratto di strada dissestato, ad aver causato l’incidente mortale che ha spinto l’organizzazione a cancellare (almeno temporaneamente) le moto dal circuito statunitense.
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