Annalisa e Paola, oramai ufficialmente le migliori amiche di TrueRiders, tornano con un viaggio di due giorni tra Emilia-Romagna e Liguria, alla scoperta di alcuni dei passi più belli degli Appennini.
Metà ottobre. Temperature miti e meteo favorevole.
Chiamo l’amica Paola e ci accordiamo per stare via un paio di giorni. Leghiamo qualcosa sulle selle e partiamo.
Senza tanto annoiarvi con i dettagli della trasferta, inizierò a raccontarvi questo weekend, partendo da Bardi.
Siamo in Val Ceno, in provincia di Parma.
L’imponente fortezza medievale dei Landi merita assolutamente una visita. Ho vissuto qui 6 anni, e dei 30 km della SP 21 che separano Bardi da Borgo Val di Taro conosco ogni curva, ogni dosso, ogni crepa nell’asfalto, ogni piccola frana.
È una strada bellissima, ma le condizioni sempre peggiori dell’asfalto, impongono molta attenzione nella guida.
A circa metà del nostro percorso, ed esattamente a 1000 mt. eccoci sul Passo Santa Donna.
Foto di rito davanti al cartello e poi davanti al Cippo dell’eccidio dei Partigiani e poi si scende dolcemente in Val Taro.
Qui mi aspettano gli amici più cari, che tempo e distanze non hanno cancellato.
Ceniamo tutti insieme e con Paola prendiamo una camera all’hotel Roma, in centro a Borgo Val di Taro.
Il mattino dopo una nebbia poco amichevole, avvolge tutta la zona.
Da qui partirà a tutti gli effetti il nostro tour, di circa 150 km, che ci vedrà sconfinare in Liguria, per poi tornare in territorio Emiliano.
Dal Borgo, come viene amichevolmente chiamato dai local, in una ventina di km guidati praticamente a memoria causa visibilità zero, eccoci sul Passo di Cento Croci, a 1055 m. Il suo nome è dovuto ad una storia che narra di briganti che in passato avrebbero ucciso un centinaio di viandanti che transitavano sul crinale Appenninico, dalla Liguria all’Emilia, e viceversa.
Una grande pala eolica ci da il benvenuto.
Foto di rito sotto al cartello mentre la nebbia si dirada, offrendoci una Val di Vara splendida (siamo in provincia di La Spezia)
Le mucche hanno già lasciato i pascoli, e il profumo del mare sembra arrivare fino a noi.
13 km di curve non banali ci condurranno a Varese Ligure, dove è d’obbligo una seconda colazione e una breve visita del paese, attraversato dal fiume Vara.
Su un tovagliolino del Bar dell’albergo, la sera prima, avevo scritto una variante consigliata da un amico, per raggiungere il Passo del Bocco.
Scurtabò è il nome chiave per imboccare la piccola SP 49 che si snoda stupendamente e magicamente per 17 km in un grande bosco di faggi.
Il telefono non prende, e non incrociamo mai un’auto.
Il piccolo Lago del Bocco anticipa l’omonimo Passo, a 956 mt.
Il ristorante è al completo, così teniamo duro fino a Santo Stefano d’Aveto, dove pranziamo con un amico che ci ha raggiunte per farci un saluto.
L’amico ci ”scorta” per 8 km fino al Passo del Tomarlo, 1482 m, e poi ci salutiamo.
Ora siamo in provincia di Genova, ma appena ci lasceremo alle spalle il cartello del Passo saremo di nuovo in Emilia, in provincia di Parma.
Io e Paola imbocchiamo entusiaste il passo. Letteralmente un’autostrada in discesa, con curvoni velocissimi e motociclisti che sfrecciano in su e in giù.
In 12 km e 700 metri di dislivello, il parco giochi si è esaurito, e la strada cambia.
Si fa più stretta e tortuosa e quando meno te l’aspetti, ecco un altro passo, non tanto conosciuto e con un nome sicuramente strano. Siamo a Montevaccà, a 805 mt.
Il cartello è posto in posizione assai scomoda, quindi niente foto. In breve arriviamo a Bedonia, e poi di nuovo al Borgo. Si conclude così, per voi che leggete, questo itinerario a me molto caro.
Io e Paola proseguiremo per la fondovalle (SS 523) e ci fermeremo a far merenda alla ”Stazione di Valmozzola” che è un ristorante ricavato nella vecchia stazione della ferrovia, con i tavolini posti accanto al binario ormai in disuso.
È giusta l’ora degli abbracci e dei saluti.
La strada di casa è ancora lunga mentre le giornate lentamente si stanno accorciando.
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