Dolomiti, croce e delizia dei motociclisti e dei mototuristi. Sì, proprio loro, che a volte si scontrano con le chiusure estive dei passi per dare spazio a chi preferisce le due ruote senza motore (anche questi sono gusti!). Eppure, è difficile rimanere insensibili al fascino antico di queste montagne, che si colorano di rosa al tramonto e che emergono in tutta la loro imponenza, verde e brulla a seconda dell’altitudine, ora che la neve ha lasciato spazio al fiorire armonico dell’estate. Ed è un paesaggio quasi da fiaba, la “Fiaba del Puzzone e della Fata”. Andersen? Collodi? No, molto più semplicemente è Moena, la Fata delle Dolomiti, dove il Puzzone non è l’alter ego cattivo della protagonista, ma uno dei suoi prodotti gastronomici più amati. Curiosi di scoprirne di più? Andiamo!
Inizia il tuo viaggio dal vivace centro di Bolzano, dirigendoti verso sud lungo la SS12 fino a raggiungere l’ingresso della A22/E45. Una volta sull’autostrada, continua in direzione di Verona per circa 15 km, fino a quando non arrivi all’uscita per Egna-Ora-Termeno. Da qui, la strada ti porta sulla SS620, una via che serpeggia attraverso le valli, portandoti direttamente a Nova Levante. Segui la Grande Strada delle Dolomiti, la SS241, ammirando i paesaggi che cambiano man mano che ti avvicini a Nova Levante, dove le vette delle Dolomiti cominciano a farsi sempre più imponenti.
Proseguendo sulla SS241, il viaggio di circa 6 km da Nova Levante a Carezza è breve ma spettacolare. Questo tratto è famoso per le sue vedute mozzafiato e per il lago di Carezza, incastonato come un gioiello tra le montagne. La strada continua serpeggiando tra i boschi e i pascoli fino al Passo Costalunga, dove le viste si aprono nuovamente, offrendo panorami ancora più straordinari.
Dopo aver attraversato il passo, scendi verso Vigo di Fassa, un incantevole villaggio che funge da perfetto punto di sosta per respirare l’aria fresca di montagna e godere delle vedute delle valli circostanti. L’ultima tappa del tuo viaggio è Moena, situata a soli 8 km da Vigo di Fassa. Continuando lungo la Strada Statale 48 delle Dolomiti, arriverai presto in questa graziosa località, nota come la “Fata delle Dolomiti“. Perché? Lo scopriremo tra poco.
Fiumi, montagne e case in legno: Moena è una vera Fata di montagna
Cosa c’entrano la Turchia e le Dolomiti? Distanti migliaia di chilometri, sembrano due mondi decisamente agli antipodi, ma il legame che unisce Moena, la Fata delle Dolomiti, al paese di Mustafa Kemal Ataturk risale a secoli fa. Più precisamente, al 1683, anno della grande spedizione di Mehmed IV contro l’impero austroungarico, con l’obiettivo (fallito) di conquistare Vienna. Alla sconfitta degli ottomani, l’esperto Hasan, condannato a morte per aver criticato il governo di Costantinopoli, fuggì sulle Alpi e si rifugiò nella piccola Moena. Il turco, così venne chiamato, guidò anche la rivolta della città contro le tasse degli Asburgo. Dopo la sua morte, il luogo dove abitava divenne il Rione Turchia, e ancora oggi, 400 anni, la Festa del Cianton Turchia anima questo angolo delle Dolomiti.
Ma al di là di una storia poco conosciuta, oggi Moena è la Fata delle Dolomiti per la bellezza dei suoi paesaggi, che sono contornati dalle montagne, come quelle del Passo San Pellegrino, percorso che i motociclisti conoscono molto bene. Siamo ancora nel Trentino-Alto Adige di lingua italiana, ma già le architetture mitteleuropee si fanno sentire, i colori delle case si alternano a tetti a spiovente, chiese dalle guglie di stile alpino, balconi in legno. Tutto intorno, si respira un’aria fresca, pulita.
Il puzzone di Moena, formaggio simbolo della zona. Foto da www.visitmoena.it. Tutti i diritti riservati
Non proprio dappertutto, perché c’è un piccolo folletto dispettoso pronto a intralciare il nostro cammino. Puzzone, questo il suo nome, sembra il nemico perfetto della fata Moena. O no? Stiamo infatti parlando di un formaggio, il puzzone di Moena, che si realizza con latte di vacche Bruna e Grigia delle Alpi, alimentate esclusivamente da fieno e foraggio dei pascoli, stagionato fino a 8 mesi. Proprio durante la stagionatura i batteri anaerobi gli conferiscono un odore molto forte e pungente, quasi una “puzza” per alcuni, ma che fa parte del profilo organolettico di un formaggio davvero buono e versatile.
Curiosamente, in lingua ladina il riferimento all’odore sgradevole viene meno, e il nome Spretz Tzaori evidenzia invece il gusto “saporito” di questo prodotto tutelato dalla Denominazione di Origine Protetta, massimo riconoscimento europeo per i prodotti agroalimentari. Una specialità da provare in loco, e da riportare con sé nel proprio bagaglio da moto. Ben sigillato, però, mi raccomando!
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